A CHI GIOVA VERAMENTE LA FECONDAZIONE EXTRACORPOREA IN ITALIA?

. . . SICURAMENTE NON ALLA MAGGIOR PARTE DELLE DONNE CHE SI SOTTOPONGONO PIENE DI SPERANZA AD ESSA!

L’ultima relazione ministeriale pubblicata dal ministro Speranza il 18 ottobre prima di lasciare il ministero ci offre un quadro ancora più drammatico di quelli  degli anni precedenti: il dato che subito colpisce i lettori attenti della relazione (vedi tabella 8 pagina 76) è l’alto numero di cicli di fecondazione extracorporea omologa a fresco (3.842 pari al 10,2% di tutti i cicli iniziati) sospesi prima di procedere al prelievo ovocitario ed il motivo principale per cui 2.312 di questi cicli (6% di tutti i cicli iniziati) sono stati sospesi, cioè la mancata risposta alla stimolazione, che si poteva prevedere prima di iniziare la stimolazione con gli accertamenti ormonali ed ecografici.

La tabella 12 di pagina 78 della relazione ci fa conoscere le cause che hanno costretto ad interrompere i 15.354 cicli dopo il prelievo ovocitario: quella più importante che ha determinato l’interruzione di 3.975 cicli (11,4%) è stata il rischio di OHSS (sindrome da iperstimolazione ovarica) evidentemente legata all’entità della stimolazione ovarica usata con l’obiettivo di avere molti ovociti a disposizione; un altro 14,4% (nessun ovocita prelevato, totalità ovociti immaturi o degenerati, mancata fertilizzazione, mancato clivaggio, tutti gli embrioni non evolutivi) era prevedibile tenendo in debito conto l’età della donna e gli accertamenti ecografici e di laboratorio. 148 donne hanno avuto anche bisogno di ricovero urgente e cure (99 per OHSS, 46 per emorragia abbondante, 3 per infezione, cfr. Tabella 50 pagina 108). 

       Nella Tabella 1 è riassunto quello che è avvenuto nel 2020 nella fecondazione extracorporea omologa: notiamo subito che sono diminuiti rispetto al 2019 i prelievi di ovociti a fresco (34.786/46.090), è aumentato il numero degli ovociti per prelievo (7,5 vs 7,4 del 2019) ed è aumentata anche la percentuale degli ovociti inseminati a fresco (71,5% vs 70,4% ovociti prelevati). Sono diminuiti gli ovociti crioconservati (10.489 vs 14.569). È aumentato il tasso di fecondazione (71,2% vs 70,6%). Solo 74.871 (il 54,2% dei 137.064 embrioni prodotti da ovociti freschi e scongelati) sono stati dichiarati trasferibili in utero e di questi solo 31.051 (41,47% degli embrioni trasferibili ed il 22,65% degli embrioni prodotti) sono stati trasferiti in utero.
Di fronte a questi numeri sorge spontanea una domanda: perché continuare a bombardare con alti dosaggi ormonali le ovaie delle donne di età più avanzata spendo che la metà di queste stimolazioni porterà ad una sospensione dei cicli prima del prelievo degli ovociti (10,2%) o ad una interruzione dei cicli dopo il prelievo degli ovociti (44,1%) ed al ricevero di 148 di queste donne per serie complicazioni?

      Non si può continuare ad ignorare che nei cicli a fresco delle donne di età ≥43 anni i risultati sono molto scarsi: solo l’1,68% delle donne sottoposte a questo trattamento riesce ad avere un figlio in braccio e solo l’1,16% degli embrioni trasferiti in utero riesce a nascere vivo (cfr. Tabella 4F).

     Anche nelle donne di età 40-42 anni i risultati sono molto bassi: 5,5% delle coppie trattate riesce ad avere un figlio in braccio e solo il 4,32% degli embrioni trasferiti in utero riesce a vedere la luce del sole (cfr. Tabella 4F).

     Il numero degli embrioni sacrificati (108.702) e di quelli crioconservati (42.943) è molto più grande e ci si può fare un’idea leggendo la tabella 1.

     Una situazione analoga si ritrova nei cicli di fecondazione extracorporea omologa con scongelamento di ovociti crioconservati, nei quali le coppie con donne di età ≥43, che hanno avuto un figlio in braccio sono state il 3,41% e quelle di 40-42 anni il 7,51%. Con lo scongelamento di embrioni crioconservati le donne con età ≥43 anni, che riescono ad avere un figlio in braccio sono solo il 9,89%.

       Un’attenta lettura della Tabella 58 di pagina 119 - modificata per renderla immediatamente comprensibile – ci fa scoprire che i centri italiani di pma sanno fare anche miracoli: da 3.009 embrioni crioconservati dichiarati negli anni 2005-2008 - in quegli anni la legge 40 vietava la crioconservazione dei tre embrioni al massimo che si potevano formare e trasferire in un unico trasferimento in utero salvo gravi motivi di salute della donna - sono riusciti a scongelarne 8.842 ! Ai lettori ogni valutazione e commento.

     Il Parlamento non può continuare ad ignorare tali fatti ed il crescente - anno dopo anno - numero degli embrioni crioconservati e deve al più presto intervenire per porre un limite alla produzione indiscriminata degli embrioni da crioconservare e degli obblighi per la coppia che la richieda, che deve sottoscrivere nel consenso informato l’impegno a farsi trasferire in utero - anche in più volte - tutti gli embrioni che accetta di far crioconservare e che nel caso ciò non accada le venga comminata la stessa pena prevista per l’abbandono dei minori (art. 591 c.p.). 

       Lo stesso discorso vale anche per fecondazione extracorporea eterologa.         

   A proposito fecondazione extracorporea eterologa nelle relazioni ministeriali non viene mai riportato il numero degli embrioni crioconservati: nel 2020 sottraendo al numero degli embrioni prodotti/scongelati (30.342) quello dei trasferiti in utero (9.755), rimangono 20.587 embrioni di cui non si conosce il destino, che molto probabilmente sono stati crioconservati - come quelli di tutti gli anni precedenti - di cui però non si conosce il numero preciso per cui non si può calcolare, come per l’omologa, il carico/scarico.

Ci chiediamo: Non è giunto il momento di rendere più trasparenti e comprensibili queste operazioni?


Dal 2004 al 2020 il 92,75% (1.852.492) degli embrioni prodotti sono stati sacrificati per far nascere 144.786 bambini (1 bambino nato vivo ogni 12,8 embrioni prodotti) !


       Alla luce di quanto fin qui esposto risulta evidente che le tecniche di PMA non possono essere incluse tra le prestazioni LEA perché non possono essere considerate terapia della sterilità/infertilità coniugale e perché, oltre all’evidente svantaggio costo/benefici, producono la morte - ormai da oltre 13 anni documentata - della stragrande maggioranza degli embrioni prodotti e l’esposizione al gelo ed a un non dichiarato destino di centinaia di migliaia di embrioni.